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Tommaso P., un ragazzo di 15 anni affetto da una grave forma di autismo, è stato rifiutato da 31 scuole milanesi, nonostante sia ancora in età di obbligo scolastico. I suoi genitori, Alberto e Eleonora N., vivono a Milano con Tommaso e suo fratello Edoardo, e raccontano con amarezza la loro esperienza: «Come vi sentireste dopo aver ricevuto 31 rifiuti per un figlio che peraltro è ancora in età di istruzione dell’obbligo?»

La famiglia ha seguito la procedura prevista per i casi di disabilità grave, rivolgendosi al servizio di orientamento scolastico e spiegando le difficoltà di Tommaso. Dopo i necessari controlli, è stata proposta una lista di tre scuole milanesi che, in teoria, avrebbero dovuto avere i mezzi e il personale necessario per accogliere il ragazzo. Tuttavia, i primi due istituti hanno risposto con un secco “no”, mentre il terzo ha dichiarato di dover verificare la disponibilità di posti per uno studente con disabilità grave.

Nonostante l’inizio dell’anno scolastico, i genitori di Tommaso sono stati consigliati di non procedere direttamente all’iscrizione online, ma di presentarsi di persona. Dopo i primi rifiuti, hanno contattato altre 28 scuole, ma la risposta è stata sempre la stessa: «Non abbiamo il personale», «Non abbiamo le strutture adeguate», «Abbiamo già troppi ragazzi disabili».

Alcune scuole, come il Carlo Porta, hanno ipotizzato che Tommaso potesse non riuscire a stare in classe per tutte le ore di lezione, mentre altre, come il Vespucci, hanno citato la pericolosità degli attrezzi nei laboratori. Altre ancora, come il Cardano, hanno lamentato la mancanza di garanzia di copertura del personale di sostegno, mentre il Virgilio ha dichiarato di non poter accogliere più di un disabile per classe.

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«Peccato che nel gruppo mettano tutti i Bes, studenti con bisogni speciali anche lievi», commentano i genitori, riferendosi alla pratica di alcune scuole di includere tutti gli studenti con bisogni educativi speciali nello stesso gruppo, senza distinguere tra disabilità gravi e lievi. Altre scuole, come il Bottoni, il Brera e il Frisi, non hanno mai dato risposta o non si sono presentate all’appuntamento stabilito.

La famiglia si è rivolta anche al Verdi, un istituto musicale, offrendosi di sostenere la realizzazione di una sala di musicoterapia per tutti gli allievi, ma anche lì la risposta è stata negativa. Anche le scuole private, dove la famiglia potrebbe pagare autonomamente l’insegnante e le ore di sostegno, hanno rifiutato: «Al Gonzaga e al Don Bosco dicono che non hanno mai avuto studenti disabili gravi e hanno fatto capire che non riescono ad organizzarsi in tal senso».

La storia di Tommaso e della sua famiglia solleva una questione cruciale: come è possibile che in un paese come l’Italia, dove l’istruzione è un diritto costituzionale, un ragazzo con disabilità grave venga sistematicamente rifiutato da decine di scuole? La mancanza di strutture adeguate e di personale qualificato sembra essere la risposta più comune, ma questo non giustifica l’esclusione di un ragazzo che ha diritto a un’istruzione e a un’integrazione sociale.

I genitori di Tommaso non si arrendono e continuano a lottare per il diritto del figlio a frequentare la scuola. La loro storia è un monito per tutti: l’inclusione non può essere solo una parola, ma deve diventare una realtà concreta, soprattutto per chi ha più bisogno di sostegno e attenzione.

Di admin

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