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di Giuseppe Musto

Un documento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale argentina ha scatenato un’ondata di indignazione nel paese e oltre i confini nazionali. Il governo del presidente Javier Milei ha introdotto nuovi criteri per classificare le persone con disabilità cognitive, ripristinando termini come “idiota”, “imbecille” e “mentalmente debole”, espressioni ritenute obsolete e offensive dalla comunità scientifica e dalle organizzazioni per i diritti umani.

Il decreto, approvato il 14 gennaio nell’ambito di una riforma dell’Agenzia Nazionale per la Disabilità (Andis), specifica che per accedere alle pensioni di invalidità sarà necessario accettare etichette oggi considerate stigmatizzanti. Le definizioni proposte riprendono una classificazione in uso negli anni ’90: “idiota” indicherebbe chi non sa leggere, scrivere, gestire denaro o controllare gli sfinteri; “imbecille” sarebbe destinato a chi, pur non essendo alfabetizzato, riesce a soddisfare bisogni primari e svolgere compiti rudimentali; “mentalmente debole” sarebbe suddiviso in gradazioni (lieve, moderata, profonda).

Si tratta di una terminologia mutuata da un decreto del 1988, approvato durante la presidenza di Carlos Menem, poi abbandonato negli anni 2000 in linea con le indicazioni dell’ONU. Milei, che non ha mai nascosto la sua ammirazione per Menem, sembra voler riportare in auge politiche considerate regressive.

La decisione ha provocato immediate proteste. Organizzazioni come l’Associazione civile per l’Eguaglianza e la Giustizia (ACIJ), la Rete per i Diritti delle Persone Disabili (REDI) e il Centro di Studi Legali e Sociali (CELS) hanno chiesto l’abrogazione del provvedimento, definendolo “aberrante” e contrario alle convenzioni internazionali sui diritti umani.

La psichiatra Silvia Di Segni, docente all’Università di Buenos Aires, ha sottolineato come tali termini siano “inaccettabili” e privi di basi scientifiche: «Il Manuale Diagnostico DSM, seguito a livello globale, utilizza categorie basate sul funzionamento adattivo, non su definizioni umilianti». Di Segni ha aggiunto che queste etichette rischiano di aggravare lo stigma sociale, riducendo l’accesso ai sostegni necessari.

  Creare una società inclusiva con opportunità per le persone con disabilità.

La polemica si inserisce in un contesto più ampio di critiche alle politiche di Milei, accusato di smantellare protezioni sociali. Riadottare linguaggio ostile verso le persone con disabilità, oltre a violare la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Argentina nel 2008), minaccia di escludere molti cittadini dai benefici legali.

Mentre il governo difende la riforma come “aggiornamento tecnico”, le proteste continuano a crescere, chiedendo un immediato ritiro del decreto. La comunità internazionale osserva con preoccupazione, temendo un pericoloso precedente nel trattamento dei diritti fondamentali.

La scelta di Milei riaccende il dibattito su inclusione e linguaggio, dimostrando come le parole non siano solo simboli, ma strumenti che plasmano realtà e diritti. La sfida per l’Argentina è ora trovare un equilibrio tra burocrazia e rispetto della dignità umana.

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